Il lavoro in equipe nei beni culturali una necessità che diventa un valore

10 Jan 2022

Stefano Ridolfi
Laboratori Scientifici IRR

Introduzione

La realtà di un lavoro multidisciplinare, che coinvolga diverse professionalità e che si fondi su un dialogo sempre continuo e stimolante tra le stesse, dovrebbe essere un concetto costante nella cultura collettiva, in particolare in ambiti quali il restauro e la diagnostica per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali.
Il caso dell'intervento in somma emergenza de “La Pentecoste” (cm 299 x 186) di Antonio Circignani detto il Pomarancio (Città della Pieve 1568 - Roma 1629) (Fig. 1), realizzata ad olio su tela e sita nel santuario della Madonna di Fatima a Città della Pieve, è un valido esempio di come la partecipazione di un équipe, costituita da restauratore, esperto scientifico e storico dell’arte, sia stata risolutiva delle problematiche riscontrate durante l’esecuzione dei lavori, mettendo in gioco saperi, tecniche e competenze relative. Lo scopo finale di tale collaborazione è stata l'ottimizzazione delle operazioni di restauro e valorizzazione.
È da far notare che la collaborazione tra tutte le parti è stata messa in atto fin dalle prime fasi della progettazione del lavoro di restauro con una partecipazione "in parallelo"; anche se vi è stata una più ampia partecipazione di personale con specifiche competenze alla fine si è raggiunta una esecuzione dei lavori con un rapporto benefici/costo molto maggiore rispetto alle normali procedure ancora in uso in cui le diverse competenze intervengono "in serie" l'una rispetto all'altra, senza reale intenso coordinamento.

Per la versione pubblicata dell'articolo fare riferimento ad:
"Team work in Cultural Heritage: a necessity that becomes a value",
S.Crescenzi, R.Bellatreccia, I.Carocci, R.Porfiri, S.Ridolfi
VI th Conference “Diagnosis, Conservation and Valorization of Cultural Heritage”, Naples

Laurea Magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali - LMR/02

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Fig. 1 - Olio su tela “La Pentecoste” del Pomarancio. Riprese globali del recto, in ordine: Visibile, Fluorescenza Ultravioletta, Riflettografia Infrarossa, Radiografia X.

Il dipinto si trovava in precarie condizioni conservative, caratterizzate da crettature e screpolature di colore (distribuite sulla totalità della superficie), sollevamenti materici associati con frequenza a difformi cadute, più o meno grandi, e un colore piuttosto indebolito; alcune aree sembravano inoltre interessate da ridipinture, ma non pienamente identificabili ad una mera analisi in luce visibile (Fig. 2).

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Fig. 2 - Documentazione fotografica dello stato conservativo dell’opera: riprese in modalità Macro (max 10X) di alcune ridipinture e del reticolo di crettature e screpolature che interessavano la superficie pittorica.

Oltre all’emergenza di un intervento di restauro, la problematica maggiore che sembrava mostrare l’opera era uno strato indefinito di colore grigio, apparentemente al di sotto degli strati pittorici superficiali, che risultava svelato dalle aree di abrasione e dalle lacune del film pittorico: ad un’analisi iniziale ed ipotetica sembrava troppo esteso per rappresentare una stuccatura, ma contestualmente non del tutto riferibile alla preparazione o imprimitura del dipinto (per la peculiare tonalità grigia) (Fig. 3).

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Fig. 3 - Documentazione fotografica dello stato conservativo dell’opera: riprese in modalità Macro (max 10X) dello strato materico grigio emerso parzialmente tra le abrasioni del film pittorico e al di sotto delle lacune di colore.

Il costante lavoro di gruppo e lo studio elaborato grazie agli apporti e alle conoscenze delle diverse professionalità coinvolte (durante tutte le sessioni diagnostiche) sono stati necessari per l’identificazione archeometrica e diagnostica dello strato materico indagato e, dunque, per la messa in atto dell’intervento di restauro necessario.

Metodologia di indagine-iter analitico

Alla luce di quanto detto, la tela del Pomarancio è stata sottoposta ad una campagna diagnostica come supporto scientifico costante e progressivo per la ricostruzione storica del tempo-vita dell’opera e come guida all’intervento stesso di restauro nelle sue diverse fasi.
Le problematiche oggettive legate alle dimensioni del dipinto, alla criticità dello stato conservativo ed alla peculiarità della materia pittorica riscontrata hanno parzialmente ostacolato la normale conduzione delle indagini scientifiche, resa possibile grazie alla presenza e all’aiuto costante della restauratrice ed alla supervisione della soprintendente.
La campagna diagnostica è stata suddivisa in diverse sessioni di indagini, prevalentemente non invasive, che hanno riguardato una prima fase di documentazione fotografica e raccolta di informazioni relative al dipinto, una seconda fase di diagnostica per immagini in modalità multilayer, una terza fase di analisi chimica elementale ed una quarta fase di microcampionamento, unica nota di invasività sull’opera eseguita necessariamente a conclusione della campagna.
Durante lo studio preliminare propedeutico alle indagini scientifiche, è stata effettuata una cospicua documentazione fotografica volta ad indagare la morfologia della superficie pittorica, lo stato di conservazione, la tecnica esecutiva dell’autore, la presenza di strati sovrapposti e/o di segni caratteristici attraverso Macrofotografie in luce visibile (max 10x).
Il secondo step, relativo alla diagnostica per immagini in modalità multilayer, ha sviluppato un percorso di indagine dalla superficie al supporto dell’opera (attraversandone l’intera storia) mediante, in ordine, riprese della fluorescenza indotta da radiazione Ultravioletta, riprese riflettografiche in Infrarosso, Radiografia a Raggi X. L’osservazione alla luce di Wood è servita per esaminare, in prima approssimazione, la natura dei materiali più superficiali (in base al peculiare colore della loro risposta agli UV), per determinare una cronologia relativa delle stesure di colore all’interno dell’opera (in base all’intensità della fluorescenza stessa) e per localizzare eventuali ritocchi pittorici superficiali (evidenti come macchie scure poiché prive di fluorescenza); l’esame attraverso la Riflettografia IR ha reso possibile l’approfondimento della tecnica pittorica e lo studio del disegno preparatorio, grazie alla diversa trasparenza dei materiali pittorici alla radiazione infrarossa rispetto a quella visibile; l’indagine radiografica a Raggi X ha concesso informazioni sulla modalità di produzione (evidenziando eventuali strutture nascoste), sugli strati preparatori (esistenza di pentimenti) e sullo stato conservativo del supporto soggiacente.
Il terzo step ha riguardato l’analisi chimica elementale mediante Spettroscopia non invasiva in fluorescenza a Raggi X (Spettrometro XRF mobile, EDXRF) effettuata su 15 punti diversi dell’opera per l’approfondimento della natura dei pigmenti.
Infine, al termine della campagna diagnostica non invasiva, si è reso necessario il prelievo di un campione (indagine microinvasiva) per la caratterizzazione chimica approfondita dei pigmenti, dei coloranti e del medium di applicazione mediante ESEM/EDS e micro-FTIR.

Risultati delle indagini scientifiche

Le riprese fotografiche della fluorescenza indotta da radiazione ultravioletta hanno evidenziato una risposta disomogenea dell'opera, indicativa della presenza di più tipologie di protettivi sulla sua sommità (di origine terpenica e sintetica) e della loro parzialità nella distribuzione (Fig. 4).
Interessante è stato evidenziare e localizzare le aree relative ai ritocchi pittorici (agli UV privi di fluorescenza, quindi scuri) di due tipologie diverse: alcuni ben definiti nei contorni, estesi in particolare sulle veste dei personaggi e piuttosto omogenei; altri, piccoli e rapidi, meno definiti, lievemente più chiari e riconoscibili sulla superficie nella sua globalità (Fig. 5).

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Fig. 4 – Riprese in Fluorescenza Ultravioletta di porzioni interessate da protettivo di origine terpenica (naturale) che mostrano una risposta di colore verde.

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Fig. 5 – Riprese in Fluorescenza Ultravioletta delle due tipologie di ritocchi: omogenei e ben definiti nelle prime due immagini (sulle vesti dei personaggi); piccoli e rapidi nelle ultime due (sugli incarnati).

Con l’analisi in Riflettografia Infrarossa, che ha indagato al di sotto degli strati superficiali e del colore, è stato possibile identificare il disegno preparatorio dell’autore, eseguito con una tecnica mista di punta secca (tipo carboncino) per i particolari più minuziosi (nasi, occhi e padiglioni auricolari dei personaggi, Fig. 6) e umida (a pennello) per i lineamenti dei corpi dei soggetti (talvolta apprezzabili anche nell’immagine visibile) (Fig. 7).
L’analisi ha svelato inoltre l’esistenza di diffusi ripensamenti del pittore, avvenuti prevalentemente in fase di stesura pittorica più che disegnativa (Fig. 8): curiosa è stata la presenza singola di un’incisione in corrispondenza del pentimento relativo al panneggio dell’anziano sulla destra, effettuata probabilmente con l’estremità posteriore del pennello.

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Fig. 6 – Riprese in Riflettografia Infrarossa: dettagli fisionomici dei volti in cui si evidenzia il disegno preparatorio eseguito a carboncino.

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Fig. 7 – Riprese in Riflettografia Infrarossa: lineamenti dei corpi dei putti che mostrano il disegno preparatorio eseguito a pennello.

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Fig. 8 – Riprese in Riflettografia Infrarossa: evidenza di alcuni pentimenti del pittore avvenuti in fase pittorica. In ordine: ampiezza del libro tenuto dall’uomo nell’angolo inferiore sinistro; conformazione del naso della donna con i capelli raccolti; panneggio dell’anziano alla destra della composizione eseguito da una curiosa incisione.

La ripresa radiografica è stata interessata da alcune problematiche che hanno rallentato le indagini in corso d’opera, dovendo ripetere le acquisizioni più volte variando il tempo di esposizione. La causa della difficoltà riscontrata nell’acquisizione è stata primariamente l’esistenza di una materia molto spessa e radiopaca che non permetteva la comprensione dell’immagine radiografica. Dopo diversi tentativi, sono state eseguite 88 singole riprese radiografiche (del formato di 30x40 cm l’una), che, riassemblate insieme, hanno consentito la visione unitaria del dipinto (Fig. 9).
Il contributo della ripresa a Raggi X nello studio della tela è stato duplice in quanto l’indagine ha concesso importanti informazioni sia da un punto di vista diagnostico che archeometrico.
Nell’immagine radiografica sono emerse (prevalentemente nella metà inferiore dell’opera) difformi e disomogenee macchie nere ascrivibili a cadute di colore al di sotto degli strati pittorici superficiali: non essendo distinguibili nell’immagine visibile, tali lacune risultavano quasi interamente ridipinte ma con verosimiglianza prive di materia corposa (non stuccate o interessate da un ridotto spessore dello stucco). Le due fasce verticali molto radiopache lungo tutta l’altezza del dipinto erano riferibili, al contrario, alle due cuciture del supporto tessile effettuate durante l’operazione di rifoderatura dell’opera.
Relativamente all’aspetto archeometrico, tra i volti dei personaggi distinguibili nella materia, è emersa la presenza di ampie spatolate chiare, evidenti ad esempio nella metà superiore del dipinto, che hanno contribuito all’identificazione della materia grigia (apprezzabile nel visibile ma non definibile in assenza di studi scientifici appropriati) associabile ad uno spesso strato preparatorio della composizione.

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Fig. 9 – Radiografia a Raggi X: metà superiore ed inferiore del dipinto, rispetto al recto.

Secondo i risultati ottenuti dall’analisi chimica elementale dei pigmenti presenti (EDXRF) l’opera appariva interessata da una spessa imprimitura/preparazione a base di biacca.
La palette dell’autore, piuttosto varia, era costituita da pigmenti pittorici quali giallolino (per le tonalità del giallo), cinabro e terra rossa (per i toni rossi), pigmenti a base di rame (per i toni verdi e blu), biacca (per i bianchi o utilizzata in mescola per schiarire altri colori), probabile lacca organica (per i viola), probabile nero carbone (per le tonalità scure); inoltre, sul dipinto è stata riscontrata la presenza di una lega d’oro a titolo molto alto (Figg. 10 e 11).

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Fig. 10 – Mappatura dei punti di misura in Fluorescenza X sulla superficie pittorica, da 1 a 15.

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Fig. 11 – Risultati XRF: punti di misura e relative campiture di colore, elementi chimici rinvenuti, pigmenti proposti.

Per ottenere informazioni certe circa la natura dello strato materico grigio riscontrato e per indirizzare il lavoro di restauro successivo, è stata infine effettuata un’indagine microstratigrafica al microscopio elettronico a scansione e allo spettrofotometro micro-FTIR su un campione prelevato in corrispondenza di una stesura azzurra (attraverso la quale era possibile intravedere la tonalità chiara di interesse) (Fig. 13).
Le analisi hanno restituito una stratigrafia costituita da un primo strato (A) bruno steso con ocre, biacca e nero carbone, un secondo strato (B) grigio-bruno a base di terra d’ombra, biacca, nero carbone e ossidi di ferro, un terzo strato (C) bianco realizzato con olio, biacca e sporadiche particelle nere carboniose, un quarto strato (D) relativo ad una finitura pittorica azzurra a base di biacca, olio e azzurrite ed infine (E) residui di uno strato bruno organico (Fig. 12).

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Fig. 12 – Risultati ESEM-EDS e Micro-FTIR divisi per singoli strati del campione.

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Fig. 13 – Analisi stratigrafica: microfotografia al MPOM in luce riflessa, sezione lucida trasversale N// - 480 x; immagine all’ESEM ad elettroni retrodiffusi modalità Low Vacuum (LV).

Conclusioni

Il supporto reciproco tra storico dell’arte, tecnico scientifico e restauratore è stato il punto di forza del lavoro di emergenza svolto sulla tela del Pomarancio “La Pentecoste”. Ogni figura professionale ha condiviso nozioni e saperi fondamentali per la messa in atto dell’intervento di restauro, la valorizzazione del dipinto e la conseguente degna fruizione dello stesso.
Il costante lavoro dell’équipe ha generato un intreccio tra dati storici, risultati scientifici delle indagini diagnostiche e dati desunti dall’esame autoptico della materia che ha enormemente facilitato le operazioni ed ha contribuito alla giusta valorizzazione dell’opera nella sua importanza.
Il lavoro interdisciplinare e multidisciplinare è diventato il valore aggiunto delle moderne operazioni di studio e restauro di importanti opere d'arte.
Questo tipo di operazioni rappresenta un notevole vantaggio competitivo rispetto alle precedenti modalità di lavoro.
È necessario trovare modalità tali che anche per lavori "minori" la stessa procedura possa essere applicata mantenendo in equilibrio i due piatti della bilancia che sono la salvaguardia delle opere d'arte ed il rapporto costi benefici delle operazioni di restauro.

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