Il dipinto di autore sconosciuto, conservato nella chiesa di San Gregorio dei Muratori (RM) e datato XVII secolo, è al centro di una controversia circa l’identificazione del soggetto e la conseguente attribuzione del nome.
La tela risulta molto simile al dipinto di Annibale Carracci intitolato “Pietà con San Francesco e Maria Maddalena” (in alto - 1602-1607, Louvre, Parigi) con il quale diverge solo per il volto del santo, a sinistra, al cui posto è raffigurato quello di una figura femminile.
Attraverso una prima analisi con lampada di Wood si nota una ridipintura posticcia in corrispondenza delle stimmate sul piede della suddetta figura tale da ipotizzare la presenza di un pentimento o rifacimento del volto.
Analogamente la “Pietà” del Domenichino (in basso - 1603, Metropolitan Museum of Art, New York) ritrae la stessa scena differenziandosi, ancora, per il personaggio a sinistra qui rappresentato come Giuseppe d’Arimatea.
Con tali premesse è possibile rinominare il dipinto come “Pietà” nonostante la presenza di più personaggi nella composizione sia conforme ad un “Compianto”.
Il dipinto, un olio su tela, appare al momento della presa in consegna in gran parte integro.
Da un primo esame visivo del verso il telaio si mostra lievemente deformato, con presenza di fori di sfarfallamento da ricondursi all’attacco passato di insetti xilofagi. Inoltre si è ipotizzata la presenza di una foderatura, confermata dopo la rimozione della cornice.
Il supporto in tela a trama mediamente fitta presenta alcune lacerazioni nel registro inferiore in corrispondenza del regolo del telaio (celate inizialmente dalla cornice), un taglio nel registro superiore, molteplici abrasioni sulla pellicola pittorica e un graffio superficiale bianco, esteso orizzontalmente nella parte inferiore del dipinto. L’esposizione dell’opera in un ambiente umido, quale la sagrestia della chiesa, e soggetto a correnti d’aria continue ha provocato l’ossidazione delle vernici e la proliferazione, non massiccia, di microorganismi prevalentemente sul verso della tela.
La pellicola pittorica presenta pesanti ridipinture dovute a precedenti interventi di restauro che risultano visibili sia con lampada di Wood sia ad occhio nudo.
Infine la cornice è irrimedialbilmente danneggiata, soprattutto negli angoli; tali deterioramenti sono da ricondursi, così come nel telaio, all’attacco di xilofagi i quali hanno scavato gallerie di camminamento e fori di sfarfallamento lungo la superficie.
Per permettere l’avanzamento delle analisi diagnostiche sul dipinto è stato necessario separare la cornice dalla tela.
Le indagini diagnostiche non invasive effettuate hanno avuto il compito di indagare l’opera nel particolare , evidenziando interventi precedenti, possibili ripensamenti sul disegno preparatorio e composizione dei pigmenti utilizzati.
Fluorescenza Ultravioletta (UV)
La Fluorescenza indotta da radiazione Ultravioletta ha il compito di fornire dati immediati riguardanti lo strato superficiale dell’opera posta in esame. Il principio di funzionamento si basa sulla diversa risposta dei materiali quando vengono colpiti da raggi UV: i materiali più antichi risulteranno maggiormente fluorescenti poiché più polimerizzati rispetto a quelli più recenti. Le riprese UV realizzate con strumentazione portatile evidenziano zone più scure nei punti in cui la tela ha subito degli interventi (tralasciando nell’osservazione dell’immagine, nella pagina successiva, i tasselli di pulitura effettuati precedentemente le analisi). Poiché la maggior parte dei ritocchi è visibile anche ad occhio nudo e sull’immagine risultano molto scuri, si è portati a pensare che si siano alterati nel corso del tempo.
Da notare è la localizzazione dei ritocchi eseguiti: prevalenti sui capelli e sui manti delle figure, oltre che in corrispondenza di braccia e gambe del puttino di sinistra, come a voler ingrandire le proporzioni anatomiche; in aggiunta, quasi per nulla visibile sull’immagine UV, è presente un ampliamento del panno bianco ai piedi del Cristo che va a coprire la nudità del puttino sopracitato (particolare venuto alla luce solo durante la pulitura della zona proprio per l’assenza di fluorescenza visibile sull’UV).
Emerge, inoltre, una zona leggermente più scura lungo tutto il perimetro del quadro, originariamente sottostante la cornice.
Degna di nota è l’area all’interno della quale è presente il volto della figura femminile sulla sinistra: essa è meno scura rispetto alle altre ridipinture, il che suggerisce una maggiore longevità di intervento. Tale peculiarità avvalora la tesi di un possibile rifacimento del volto a discapito di una esatta copia del Carracci; a ulteriore sostegno di quanto appena esposto si evidenziano i ritocchi sulla mano sinistra e sul piede destro con cui sono state nascoste le stimmate (tipiche dell’iconografia di san Francesco).
Fluorescenza X (XRF)
L’XRF è una tecnica che permette un’identificazione veloce e precisa degli elementi che caratterizzano i pigmenti di origine inorganica e un’analisi qualitativa delle zone analizzate. Con questa tecnica, però, non è possibile riconoscere i composti chimici a cui gli elementi appartengono. I risultati sono mostrati nei grafici nelle pagine successive.
Riflettografia Infrarossa (IR)
La Riflettografia Infrarossa è ampiamente utilizzata nello studio diagnostico di un’opera in quanto consente di oltrepassare la pellicola pittorica, visibile all’occhio umano, andando ad indagare gli strati pittorici e preparatori sottostanti grazie alla maggiore penetrazione delle radiazioni Infrarosse.
In questo caso, purtroppo, l’esame non ha fornito alcun dato utile per lo studio dell’opera.
Radiografia X Digitale (DRX)
L’indagine radiografica è stata effettuata sull’opera in un secondo momento quando, durante l’apertura di piccoli saggi nell’area circostante il volto della Santa a sinistra, si è riscontrato che lo strato pittorico superficiale veniva via anche con l’utilizzo di un solvente poco aggressivo quale il Taco 8.
Con i presupposti della possibile copia del dipinto Carraccesco, è stata subito richiesta una Radiografia a raggi X per indagare in profondità l’opera.
Tale tecnica ha permesso la ricezione di informazioni riguardanti un possibile ulteriore strato pittorico sottostante quello visibile: questa informazioni dipendono dalla ricezione e dalla diffusione dei raggi X da parte del materiale analizzato a seguito di una disomogeneità di composizione e spessore del suddetto materiale. La radiazione emergente forma sul sensore CCD zone a diversa intensità di grigio che rappresentano l'immagine vista dalla radiazione penetrante: le aree di minor spessore o meno radio opache appariranno più scure, mentre quelle più spesse o più assorbenti appariranno più chiare (in modo analogo alla fluorescenza ultravioletta).
L’indagine radiografica è tra le più utilizzate nel campo della diagnostica per il restauro in quanto permette una visione più approfondita di qualsiasi opera e non richiede nessun campionamento essendo del tutto non distruttiva.
In questo caso è stato utilizzato un tubo radiogeno Gilardoni II 80kV, lavorando con tensione variabile e 0.5 mA di corrente e con una durata di esposizione per ogni acquisizione tra i 180 e 320 secondi.
L’indagine ha rivelato la presenza della testa di San Francesco, così come nel dipinto del Carracci, totalmente intatto e visibile, fatta eccezione per la bocca del santo che risulta leggermente abrasa. Il volto femminile sovrastante si mostra dunque come una ridipintura localizzata e si colloca di poco traslata (in alto a sinistra) rispetto alla testa del santo. Questa posizione ha contribuito alla ripresa radiografica della parte superiore del saio e delle mani che si presentano più arrotondate e più pesantemente ombreggiate rispetto alla visione RX). La testa, inoltre, risulta essere inscritta in una circonferenza parziale che collega la fronte alla mandibola probabilmente tracciata con un materiale molto radiopaco e usata come riferimento grafico; il tracciato sembra poi essere stato nascosto da pennellate incerte e in parte sovrapposte. Questo dettaglio riguardante la tecnica pittorica porta a pensare che anche il volto femminile sia stato rimaneggiato a sua volta: nella radiografia gli occhi appaiono leggermente aperti e più allungati mentre le sopracciglia descrivono un arco più dolce.
A seguito della nuova visione globale dell’opera è stato necessario realizzare un confronto grafico tra il dipinto in esame e il dipinto di Annibale Carracci conservato al Louvre. Tale confronto ha il compito di rendere visibile, attraverso dei grafici lineari, le differenze e le analogie tra più opere: in questo caso il confronto è stato necessario soprattutto per delineare le proporzioni dell’intero campo pittorico in quanto le due tele hanno dimensioni differenti. I grafici sono riportati nelle pagine successive 14, 15 e 16.
Osservazioni:
• L’opera in esame è stata ripresa da quella carraccesca non con le stesse proporzioni. La tela conservata a Roma, infatti, differisce di più di un metro in altezza dall’originale e ciò ha portato alla realizzazione delle figure meno slanciate, in grado di coprire lo spazio trasversale piuttosto che quello longitudinale.
• Le figure dell’opera romana risultano traslate verso l’alto rispetto all’altra portando così alla riduzione dello spazio tra esse e lo sfondo.
Come già descritto in precedenza, lo stato in cui si presentava la pellicola pittorica nel momento della presa in consegna era alquanto pessimo: anni di polvere, fumo di candele, umidità e incuria hanno fatto sì che la vernice finale presente sul dipinto si ossidasse e diventasse di un color giallino che andava a coprire la brillantezza dei colori originali.
In questa sede si è, dunque, presentata la necessità di effettuare dei tasselli di pulitura con diversi solventi chimici e sintetici in modo tale da trovare quello più confacente alla pulitura dell’area totale della superficie pittorica.
In una prima fase sono stati realizzati saggi di pulitura con tre diversi solventi con un grado di aggressività allo sporco sempre maggiore: saliva sintetica, taco 8, etil-lattato; in base al solvente usato, i tasselli sono stati sottoscritti con un numero rispettivamente da 1 a 3. Nella fase successiva, identificato il solvente più opportuno, si è proceduti alla pulitura globale del dipinto.
Ogni fase di pulitura ha visto l’utilizzo di white spirit per neutralizzare l’effetto del solvente.
1. SALIVA SINTETICA: prodotto a base acquosa, sostitutivo della saliva umana, composto da agenti chelanti dell’acido citrico (triammonio citrato al 5%). Questo solvente non ha per nulla agito sulla sporcizia e sulla vernice ossidata del quadro, lasciando la superficie solo più lucida, senza effettivamente sciogliere lo strato di grasso superficiale.
2. TACO 8: costituito da alcool isopropilico (isopropanolo) al 46%, metile-etil-chetone (MEK) al 23% e white spirit al 31%. Tale sostanza è stata creata per ridurre i tempi di contatto con la superficie pittorica e per essere meno nociva per chi ne fa uso; essa è infatti usata come miscela sostitutiva del Diluente Nitro.
Il TACO 8 ha risposto in maniera migliore rispetto alla saliva, andando a sciogliere anche la vernice ossidata, ma non del tutto soddisfacente e inoltre necessitava di una più profonda azione meccanica del tampone sulla superficie pittorica che, data la longevità dell’opera in questione, sarebbe risultata devastante in alcune zone.
3. ETIL-LATTATO: prodotto a base di lattato di etile, estere etilico dell’acido idrossipropionico.
La pulizia dell’intera superficie è stata eseguita con tale soluzione in quanto si è osservato avesse un’azione maggiore sullo sporco con un minimo strofinio del tampone. Caratteristica di questa miscela è lo sbiancamento della superficie dopo il suo utilizzo. Questo ha portato alla luce uno sbiancamento particolare di alcune parti nella composizione (ex. gambe del Cristo) su cui è stato possibile intervenire con la verniciatura.
Durante la pulitura sono state eliminate quasi tutte le ridipinture posticce all’originale sparse sul dipinto e visibili sia ad occhio nudo, sia con lampada di Wood e dall’esame a fluorescenza UV.
La pulitura è stata rifinita utilizzando una miscela di essenza di trementina e alcol etilico al 50%.
Nel corso del lavoro sono state evidenziate alcune osservazioni:
• I ritocchi lungo tutto il perimetro del dipinto sono venuti via con facilità e questo indica l’uso di colori propriamente da restauro e quindi si può trarre a conclusione che tali ritocchi siano stati eseguiti in tempi recenti (o per lo meno dopo il XIX secolo).
• Sulla figura del puttino a sinistra era stato aggiunto un “prolungamento” del panno bianco del Cristo in modo tale che coprisse la sua nudità. Questo ritocco non è stato riscontrato prima della pulitura quando, passandoci sopra il tampone imbevuto di solvente, la vernice è venuta subito via.
Dalle immagini riportate si nota che durante la pulitura della pellicola pittorica è stata tralasciata la zona a sinistra, dove è presente la figura della santa. Tale scelta è stata indotta dalla possibilità che sotto codesta figura possa trovarsi, in realtà, quella di San Francesco e questo porterebbe il quadro ad essere una copia fedele della Pietà del Carracci.
L’eventualità di una simile scoperta è denotata da alcuni fattori:
• Presenza delle stimmate su mani e piedi occultate da ritocchi posteriori;
• Visibilità, nell’esame a fluorescenza UV, di un alone più scuro che circonda la parte superiore della santa che si tradurrebbe in un ritocco o, addirittura, ripensamento di epoca quasi coeva a quella di realizzazione di tutta l’opera;
• Evidente ritocco in corrispondenza della mano sinistra, come a voler cambiarne la forma.
• Scomparsa dell’aureola durante la pulitura del bordo adiacente il personaggio;
• Scomparsa del colore durante la pulitura del viso anche con un solvente non molto aggressivo quale il TACO 8;
• Presenza di un saio maschile di tipo francescano.
Una volta completata la pulitura generale del dipinto, sono stati effettuati ulteriori saggi di pulitura nella zona in esame con diversi solventi, tutti neutralizzati con white spirit o con essenza di petrolio.
1. TAC: soluzione neutra costituita da sale dell’acido citrico (ammonio citrato tribasico) presenta una migliore azione chelante rispetto agli acidi; è perlopiù usato per puliture superficiali.
Poiché la superficie pittorica in esame presenta uno spesso strato di sporcizia, questa soluzione non ha prodotto alcun risultato.
2. COCCOCOLLAGENE: tensioattivo anionico concentrato a pH debolmente alcalino composto da estéri degli acidi grassi dell'olio di noce di cocco con collagene. Per l’utilizzo nella pulitura è stato necessario diluirlo al 20% con acqua. Questa miscela ha dato ammirevoli risultati che si possono osservare nell’immagine a pagina 35, all’interno dei tasselli tratteggiati in giallo.
I nuovi saggi sono stati effettuati tenendo conto dell’opera del Carracci, andando a pulire punti strategici che avrebbero potuto aiutare una lettura più profonda. Di seguito sono inseriti i confronti tra le due opere.
1. Il primo saggio è stato condotto accanto al viso della santa: seguendo l’immagine visibile sarebbe dovuta fuoriuscire una ciocca di capelli o uno stralcio di velo; andando a sovrapporre l’immagine al dipinto carraccesco, il punto corrisponde al saio del santo. Durante la pulitura il colore che è venuto alla luce sembrerebbe un grigio molto simile a quello del saio della figura.
2. Il secondo saggio è stato realizzato sulla mano sinistra e ha portato alla luce la stimmate, un forte cambio di luce sulle dita e un ritocco lungo il loro perimetro come a voler modificarne la forma e renderle leggermente più tozze.
3. Il terzo e ultimo saggio è stato aperto alla base del collo della santa, tra la il cappuccio del saio e i capelli dove ci si sarebbe aspettati una situazione analoga a quella del primo saggio, invece è fuoriuscito un colore rosato, una parte di incarnato. Confrontandolo con l’opera originale, circa nella stessa posizione, si trova il mento barbuto di San Francesco.
Dopo la decisione favorevole della Sovrintendenza per la rimozione del volto della santa in favore della scoperta dell’originale volto di San Francesco, si è potuto proseguire alla pulitura dettagliata della zona. Di seguito i solventi utilizzati.
1. ETIL-LATTATO: così come sul resto del dipinto. Questo solvente ha permesso abbastanza facilmente la rimozione della pittura ad olio più scura, usata per la realizzazione della ridipintura, che copriva, nella zona in basso sulla destra, la gran parte del volto del santo.
Continuando nella pulitura è stato portato alla luce un volto dai lineamenti molto delicati e mostranti un sentimento di vera compassione nei confronti del Cristo morto, lo sguardo è direttamente rivolto al corpo senza vita e la sua posizione, contraria alla luce che entra nella scena, presenta un forte chiaroscuro: quasi tutto il volto è in ombra ad eccezione dell’occhio destro il quale, trovandosi esternamente, è toccato dalla luce diretta che arriva da un punto esterno all’opera sulla sinistra e illumina il capo da dietro. La zona d’interesse, come preannunciato dalla radiografia, è stata trovata in ottime condizioni e ciò porta a chiedersi il motivo per cui è stata occultata in maniera così drastica.
Successivamente è stato necessario cambiare solvente per la pulitura in quanto l’etil-lattato non restituiva un risultato soddisfacente sul volto e sul velo (colori più chiari).
Sono stati testati progressivamente miscele binarie di solventi organici neutri in diverse percentuali a polarità nota. L'impiego di solventi organici liberi ha inoltre garantito una buona controllabilità dell'azione di graduale asportazione della vernice: in fase di intervento l'operazione è stata infatti condotta a tampone in maniera critica, puntuale e differenziata, calibrando e valutando di volta in volta la scelta della miscela solvente da impiegare in specifica relazione all’area da trattare.
1. LE 7: miscela binaria formata da Ligroina (30%) ed Etanolo (70%). Il solvente incolore ha permesso una rimozione parziale del colore ad olio utilizzato per la realizzazione del viso. Per ottenere una rimozione più approfondita è stato necessario aumentare l’azione meccanica del tampone sulla superficie, ma trattandosi di una zona molto delicata si è deciso di provare un’altra miscela.
2. LA 3: miscela binaria formata da Ligroina (70%) e Acetone (30%). Questo test ha riportato gli stessi risultati di quello precedente sebbene con un’azione meccanica lievemente minore.
In seguito sono state preparate due ulteriori soluzioni usate con azione combinata per completare l’intervento di pulitura in modo più puntuale possibile.
1. ACIDO CITRICO + TEA: soluzione di acido citrico (C6H8O7) e trietanolammina (TEA, C6H15NO3) al 99%. La soluzione prevede:
• 5 g di acido citrico
• 50 ml di acqua
• TEA aggiunta alla miscela fino al raggiungimento di un pH basico pari a 8-9.
• 1 g di Klucel
La soluzione è stata agitata per qualche minuto formando un gel posto sulla zona interessata dell’intervento e lasciato agire per circa 10 minuti, poi rimosso con un tampone e neutralizzato con dell’acqua.
Tale miscela è definita soluzione tampone ovvero una soluzione che, contenendo una miscela di specifici soluti, non altera significativamente il proprio pH una volta raggiunto il valore desiderato a seguito dell’aggiunta di piccole quantità di acido o base forte (nel nostro caso è stata aggiunta una base forte quale la trietanoammina).
I valori di pH durante la preparazione della soluzione tampone, ottenuta aggiungendo piccole quantità di TEA all’acido citrico, misurati con un pHmetro. 2. ACETONE + DMSO : soluzione di dimetilsolfossido (DMSO, C2H6OS) e acetone in rapporto 1:1. Questa soluzione è stata applicata dopo la TEA e neutralizzata con White Spirit.
La scelta dell’utilizzo di questa soluzione è stata indirizzata dagli studi sulla tossicità dei solventi che hanno proposto proprio il DMSO come sostituente atossico per la Dimetilformammide (DMF), invece, ad alta tossicità epatica.
Di seguito viene spiegato brevemente il caso-studio della DMF e del DMSO attraverso un articolo del chimico Paolo Cremonesi.
Nel corso della pulitura preliminare della tela e del telaio è stata notata un leggero scollamento del supporto originale da quello di rifodero. Evitando di staccare del tutto le due tele, si è deciso di procedere con un intervento mirato volto allo scioglimento della colla originale, ancora presente nella maggior parte dell’area, con un ferro caldo fatto passare sulla sezione interessata protetta da un foglio di melinex e successiva riadesione attraverso un ferro freddo, sempre coprendo la striscia con melinex.
Laddove è stata necessaria un’opera ancor più puntuale, si è ricorsi all’iniezione di colletta animale attraverso una siringa e di nuovo doppio passaggio del ferro a diverse temperature. Le aree interessate sono state principalmente due: una piccola zona in posizione centrale posizionata poco sotto il regolo superiore del telaio e una zona leggermente più ampia adiacente il regolo inferiore.
Il primo passo verso la reintegrazione pittorica di un quadro consiste nello stuccare le lacune solitamente con un impasto tradizionale a base di gesso di Bologna e Colla di Coniglio. In questo caso specifico e solo per una superficie limitata è stato possibile procedere alla stuccatura senza prima stendere sull’opera una vernice protettiva; tale scelta è stata attuata principalmente per due motivi:
a) Non è stato possibile dare nessuna mano di vernice in quanto il quadro non è del tutto pulito e in attesa della decisione della Sopraintendenza circa la possibile rimozione del volto della santa a sinistra;
b) Le sezioni stuccate in questa fase sono collocate sul perimetro dell’opera e sono nascoste dalla cornice.
A seguire è necessario carteggiare le stuccature e renderle lisce in modo tale da poter poi procedere alla reintegrazione.
Poiché si tratta di una sezione non visibile si è scelto di eseguire la reintegrazione pittorica con la tecnica del puntinato ad acquerello utilizzando colori Windsor&Newton.
Inoltre, a causa del bypassato utilizzo della vernice, non è possibile verificare il tono finale del film pittorico e così risulta d’obbligo effettuare una reintegrazione sotto tono.
Terminata la pulitura completa dell’opera (in riferimento alla pulitura che ha portato alla luce il volto di San Francesco) è stato possibile proseguire con la prima verniciatura effettuata con una vernice protettiva trasparente brillante data a pennello in rapporto con WS 2:1. La verniciatura è stata effettuata spesso nel corso delle operazioni seguenti con più mani per volta.
Il passo successivo ha previsto la stuccatura delle lacune e delle micro lacune con un impasto composito (gesso e colla) e la conseguente operazione di rifinitura dello stucco e di carteggio con carte abrasive a granulometria medio-alta.
In una prima fase le lacune sono state integrate ad acquerello con una tecnica mimetica consistente nell’accostamento e nella giustapposizione di piccole pennellate di colore puro date con la punta del pennello piatta, come se si stesse picchiettando il colore.
Dopo ulteriori stesure di vernice è stato iniziato il ritocco con colori a vernice (Maimeri) stemperati in essenza di trementina sempre seguendo una tecnica mimetica ovvero picchiettando il colore con il pennello. Questa operazione è stata eseguita partendo dal perimetro della tela a seguito delle condizioni pessime del colore lungo i bordi dovute alla rimozione dei precedenti ritocchi ad olio.
Come ultimo intervento pittorico, a seguito della richiesta della Sovraintendenza, si è proceduto ad un ritocco della mano destra (quella in ombra) di San Francesco poiché ritenuta non conforme all’anatomia della figura, troppo scura e soprattutto abrasa.
Tale ritocco è stato eseguito ponendo a confronto la mano del dipinto del Carracci e dunque: assottigliando le dita e ponendo dei colpi di luce laddove necessari a rendere la tridimensionalità di una mano che avvolge il braccio.
Infine è stato spruzzato un leggero strato di vernice spray finale solo nella zona interessata.
Le operazioni a cui la cornice è stata sottoposta sono state svolte contemporaneamente agli interventi su telaio e tela.
Innanzitutto si è proceduti alla pulizia della cornice lignea dalla polvere utilizzando pennelli a setole larghe; seguentemente, essendo anch’essa in legno e presentando molte gallerie di sfarfallamento create nei secoli da insetti xilofagi, è stata stesa una soluzione antitarlo come azione preventiva (come nel caso del telaio, ugualmente qui non è stato necessario un trattamento anossico in quanto è stato verificato che non ci fossero fori di sfarfallamento nuovi da molto tempo).
La cornice si è presentata sin dall’inizio molto rovinata soprattutto negli angoli e lungo tutto il perimetro interno, con grandi lacune nello spessore delle traverse, parti del tutto mancanti e assenza di uno strato di stucco sul davanti.
L’intervento si è diviso in due parti:
1. Riempimento delle lacune più superficiali, soprattutto di quelle presenti sulle traverse, con una pasta di colla vinilica e segatura di legno in proporzioni uguali. Con questa pasta abbastanza solida è stato possibile colmare facilmente, con l’aiuto di una spatola, la maggior parte delle mancanze.
2. Per gli angoli, presentando la cornice una modesta modanatura, è stato utilizzato uno stucco bicomponente a base epossidica, la Balsite.
La preparazione di questo stucco modellabile ha richiesto una quantità pari di resina e indurente, miscelate tra di loro in un contenitore fino all’ottenimento di un sistema di colore omogeneo. In maniera graduale, quindi, si è proceduti alla modellazione delle parti mancanti cercando di realizzare una bozza della modanatura.
Passato il tempo necessario all’asciugatura delle due paste, si è proceduto a carteggiare le zone ricostruite per creare una superficie liscia.
Per definire la levigatura delle zone più ampie trattate della cornice si è utilizzato il Dremel, uno strumento prevalentemente usato per la pulizia di marmi, simile ad un piccolo trapano alla cui estremità è possibile inserire diverse frese a seconda della finalità dell’operazione.
Nel nostro caso il Dremel è stato necessario per definire la levigatura di uno dei lati lunghi della cornice che presentava l’intervento congiunto di Balsite e pasta di colla e segatura; in un primo momento si è provato a carteggiare la zona con carte abrasive molto grossolane (80 e 100), ma vista la durezza che la pasta di colla e segatura ha acquisito dopo l’asciugatura è stato necessario provvedere con un metodo più incisivo.
L’intervento si è svolto con l’utilizzo si diverse tipologie di frese in modo tale da riuscire a ricreare al meglio anche la modanatura della parte anteriore della cornice.
Alla fine dell’operazione il tutto è stato ancora una volta rifinito con carta abrasiva e successivamente è stato steso un leggero strato di gesso di Bologna e colla animale in soluzione molto liquida al fine di colmare piccoli fori rimasti e rendere la base bianca su cui poter proseguire con la doratura finale.
Contemporaneamente alle operazioni di ricostruzione della parte posteriore della cornice con il duplice utilizzo di Balsite e pasta di colla e segatura, sulla superficie anteriore è stato possibile portare avanti un intervento di reintegrazione.
Come primo passo sono stati individuati i punti di caduta della doratura e sono stati stuccati con un impasto saturo di gesso di Bologna e colla animale che poi è stato carteggiato così da creare la base liscia e bianca su cui procedere con la reintegrazione pittorica.
L’intervento di reintegrazione è stato eseguito ad acquerello (W&N) con la tecnica del puntinato in quanto la cornice è un oggetto tridimensionale e presenta modanature curvilinee. I colori utilizzati nell’operazione sono quelli tipici della selezione dell’oro: verde ossido di cromo, ocra gialla, alizarina e l’aggiunta in minor quantità di blu oltremare, giallo cadmio e nero avorio.
A seguito della decisione della Sovrintendenza è stato possibile procedere alla doratura con foglia oro sulla parte anteriore della cornice.
È stato dunque steso a pennello il mordente su tutta la zona da dorare e fatti passare 20 minuti affinché esso diventasse adesivo, successivamente è stata stesa la foglia oro in tasselli non molto grandi. Non è stato necessario stendere il bolo in quanto la cornice presentava già una base abbastanza integra della originale doratura.
Mentre la parte sottostante la modanatura dorata e gli angoli ricostruiti e stuccati sono stati trattati mediante la stesura di un colore giallo ocra.
Infine la cornice è stata riassemblata con la tela attraverso l’utilizzo di staffe metalliche e chiodi.
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